Voi siete qui, dal vero

Giovedì 26 settembre 2019 – h 18.00

Testo critico di Irene Sanesi

Dal 26 settembre al 2 dicembre 2019

Location BBS-pro (Ballerini Sanesi – professionisti associati) Via del Carmine, 11 – Prato

Foto di Serena Gallorini

 

Perché non facciamo una fantasia sull’alfabeto… fantastico, imprevisto, con lettere tutte diverse di dimensioni, di forma, di materia, di colore; buttate per aria con allegria…

Bruno Munari

Non vi pare che Edoardo Nardin abbia preso più che alla lettera (!) l’alfabeto fantastico di Bruno Munari? Più che alla lettera per il suo uso smisurato (dopo le lettere, i numeri) di immagini che si snodano si srotolano si dipanano in un fluire a molteplici eliche, come l’alfabeto fantastico immaginato da Munari.

In effetti pare essere proprio questo il DNA di Nardin: un eclettismo che riesce a far sfumare i confini tra i diversi linguaggi espressivi, un funambolismo artistico più facile a farsi che a dirsi, guardando alla facilità con cui si muove tra le diverse tecniche da lui utilizzate. “Divido la mia ricerca artistica fra arti visive e arti performative: sono giocoliere, acrobata, clown, equilibrista e quando non sono su un palco disegno, sperimentando diverse tecniche fra la pittura e l’illustrazione”. Cosí si racconta sul proprio sito web (edoardonardin.it) che, da solo, è un’esperienza da vivere e che, soprattutto, rappresenta appieno la bio di questo giovane artista che approda a Prato da Pordenone per laurearsi in Produzione di musica, spettacolo e arte, una di quelle lauree ibride a cui hanno accesso le nuove generazioni per prepararsi ad affrontare quella inattesa quanto irrimandabile mixité culturale, sociale e antropologica di oggi. 

Non è casuale la citazione (e l’accostamento) di Nardin a Munari, pensando alla cifra artistica variegata di entrambi e all’uso di tecniche, in molte delle quali è presente un forte impulso sperimentale, che li spinge a esplorare forme insolite e innovative.

Ipertesti dove levità, umorismo e creatività sono gli ingredienti base di una produzione mai banale o semplicistica e comunque sempre coerente alla sua evoluzione estetica ed esistenziale.

Nardin esercita uno dei mestieri più antichi del mondo: fa il cantastorie. Il che fa quasi sorridere nell’epoca dello storytelling spacciatoci come novità assoluta o dei blogger nuovi fenomeni da baraccone. Poi Nardin l’esperienza circense la conosce bene e per lui è cosa seria, non scherziamo, sembra suggerirci dietro i suoi baffi alla salvatordalì (tutto attaccato)! 

Disegna, inventa, costruisce, improvvisa, immagina, nel giro perenne delle sue performance e delle sue tournée (provateci a trovare un giorno libero in 365), richiesto per i suoi show a cui alterna – quasi a mo’ di tempo di riflessione e otium latino- le mostre.

A distanza esatta di un anno da quella realizzata negli spazi industriali di Patrizia Pepe, arriva la sua mostra “VOI SIETE QUI, DAL VERO”.

Irrompe, è forse il caso di dire, in un altro spazio non convenzionale: BBS-pro, uno studio di dottori commercialisti, un luogo di archeologia industriale nel quale si sono stratificate tante diverse storie nel tempo: dall’essere ricovero per i cavalli che correvano al tondo del Mercatale per passare alla vocazione tessile e a quella di deposito commerciale, fino ad ospitare una galleria d’arte. Dal 2013 è sede dello studio professionale BBS che per vocazione e passione affida ad artisti, curatori e galleristi i suoi spazi (la grande sala d’ingresso ma anche le stanze di lavoro e il co-working), perché lo trasformino nel loro palco, come ha fatto Edoardo Nardin, nel suo spazio vitale.

E non solo per l’uso delle “faccine” a lui care, omaggi all’autoritratto come storica espressione dell’ego (per Maurizio Fagiolo dell’Arco “sublime ricordo dell’antico mito di Narciso, proiezione del passato nella storia”), ma anche ai selfie contemporanei e a quella visione umanistica e rinascimentale dell’uomo-artista, oramai uscito da una condizione di mero artigiano, diventando una figura professionale a tutto tondo, fatta di gestualità creativa e culturale. Il gesto, appunto, che coinvolge i cinque sensi come quelli utilizzati da Nardin e da noi spettatori nell’atto di esperire le sue opere. 

A far da contraltare alle faccine, le “maschere” bianche veneziane, icone di stile e di storia da un lato, ed emblemi di movimenti di protesta contemporanea dall’altro.

Nella mostra si aggiunge una novità importante: il live painting, con l’artista che diventa improvvisatore seguendo il filo dei suoi pensieri mentre le cose accadono, fuori dalla comfort zone del suo atelier. Non solo autoritratti dunque, per Nardin, che presenta un’assenza fisica per lasciare posto ad una presenza più espressiva. Un’esposizione -sempre- in prima persona con l’artista che si mette in gioco senza sapere cosa disegnerà e cosa diventerà l’opera, un tableau vivant con un effetto di ancoraggio sfidante rispetto alle conseguenze della propria azione e della re-azione del pubblico.

E poi quel pointellisme monocromatico (quel nero su bianco, o come dice Nardin “vero su bianco”), essenza primordiale, come la china, l’inchiostro, e ancor prima gli strumenti a punta delle pitture rupestri, quando homo sapiens, non pago di aver soddisfatto i soli suoi bisogni primari, sentì l’esigenza di appagare la sua sfera emozionale e creativa.

Perché -così recita la frase scelta da Edoardo Nardin per il suo sito web (carta di identità contemporanea)- “per l’immaginazione nulla è impossibile”.   

Irene Sanesi